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NUOVO PATENT BOX. DIRAMATO IL PROVVEDIMENTO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

 

Con il recente provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate del 15 febbraio viene data tempestiva attuazione al «nuovo regime patent box» ovvero alla maggiorazione del 110% delle spese sostenute in connessione alle «attività rilevanti» afferenti i «beni immateriali agevolabili» – cosiddetta «IP» ovvero software, brevetti, disegni e modelli, esclusi però i marchi e il know how – come inserito dall’articolo 6 del decreto legge 146/2021, e successivamente modificato dall’articolo 1 della legge di Bilancio 2022 (legge 234/2021).

Il provvedimento ha il pregio di fare chiarezza su taluni punti oscuri della nuova disciplina, facendo riferimento a un substrato normativo ormai già sperimentato nella prassi, come ad esempio, la normativa nazionale, europea e internazionale in tema di proprietà industriale e intellettuale, nonché, come era auspicabile, al decreto Mise del 26 maggio 2020, concernente le definizioni di attività di R&S, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica, già operante ai fini del relativo credito di imposta, disciplinato ex novo dalla legge 160/2019.

Degno di pregio anche il meccanismo cosiddetto di «penalty protection» in presenza della «idonea documentazione», da redigere e comunicarne il possesso tempestivamente all’Agenzia e da consegnare entro 20 giorni, dalla richiesta degli organi di controllo, in sede di verifica, regolato anch’esso sulla falsariga della precedente esperienza normativa in tema di transfer price e di previgente patent box.

Quanto poi alle modalità dell’esercizio delle opzioni, sia in relazione al nuovo patent box, sia al regime transitorio e di residua applicazione del «precedente regime patent box», deve farsi riferimento, per tale ultimo aspetto, segnatamente al paragrafo n. 12.3., per effetto del quale alle imprese «che avendo esercitato l’opzione per il (vecchio, ndr) PB hanno esercitato anche l’opzione OD (per l’autoliquidazione, ndr) possono fruire del regime patent box fino alla naturale scadenza quinquennale. Per tali soggetti non sussiste l’obbligo di esercitare le successive opzioni OD annuali».

Per capire la portata di tale coincisa previsione, è opportuno fare un passo indietro. Il regime di detassazione del 50% del reddito di impresa, prima, per effetto dell’articolo 6 del Dl 146/2021, allo scopo di sostituirlo con la “super deduzione” del 110% dei costi di R&S, è stato abrogato ex tunc dall’esercizio 2020, nella pendenza del termine di presentazione della relativa dichiarazione. Successivamente, il “vecchio” patent bx è stato “riesumato” dall’articolo 1, comma 10, della legge 234/2021, con effetti limitati però al residuo quinquennio 2020-2024, ponendosi così parziale rimedio alla criticata e repentina abrogazione retroattiva del beneficio.

Tuttavia, rimane(va) incerta la disciplina del periodo transitorio; non era chiaro cioè se le imprese che continuano ad adottare il “vecchio Pb” per il residuo arco temporale (2020-2024) potevano optare, senza obbligo di ruling all’agenzia delle Entrate, per il regime semplificato di autoliquidazione del reddito agevolabile, da determinare direttamente in dichiarazione, con annessa penalty protection, in presenza di «idonea documentazione».

Tali semplificazioni derivano dall’articolo 4 del Dl 34/2019 (decreto Crescita) e sono state inserite soltanto alcuni anni dopo l’introduzione del patent box ex articolo 1 della legge 190/2014, al fine dichiarato di rafforzare la misura incentivante, rendendola più appealing e di velocizzarne la fruizione, considerata anche la defatigante procedura di interpello.

Ma adesso entrambe le norme sono state abrogate e il regime transitorio è disciplinato in modo oscuro; il dubbio si ingenera anche a motivo della recente pubblicazione dei modelli e delle istruzioni per la dichiarazione dei redditi per l’anno 2021, in cui non viene più contemplata la facoltà di autoliquidazione, con un inaccettabile “ritorno al passato”, nel senso che al contribuente non spetterebbe l’agevolazione, a meno di attivare la complessa e lunga procedura di ruling.

Tuttavia, sul piano interpretativo, va osservato che è ben vero che la recente normativa ha abrogato sia l’articolo 4 del Dl 34/2019, sia ovviamente l’articolo 1, commi 37 e seguenti del Dl 190/2014; ma tale eliminazione non può operare “a singhiozzo”, nel senso che la disciplina del vecchio patent box, recata dalle due norme, rappresenta comunque “un unicum” inscindibile e dunque esse vanno applicate (o disapplicate) in «combinato disposto».

In altre parole, l’abrogato patent box resta ancora fruibile per il residuo quinquennio 2020-2024 e quindi non sarebbe corretto inibire l’applicazione del beneficio “a tutto campo”, talché gli effetti premiali (in termini di autoliquidazione e di protezione sanzionatoria) spettano al contribuente a prescindere dalla presentazione di un ruling all’Agenzia. Sarebbe irragionevole e paradossale ipotizzare il contrario, anche in termini di perdurante identica ratio legis ovvero quella di semplificazione, accelerazione dei tempi di fruizione della detassazione e sfoltimento delle istanze di interpello.

Del resto, non andrebbe sottovalutato il trend legislativo di accordare ed utilizzare i benefici fiscali in via automatica, con autoliquidazione direttamente in dichiarazione e/o nel modello di pagamento F24, in presenza di «documentazione ad hoc», cioè di relazioni tecniche anche giurate e/o di asseverazioni rese da periti della materia, a prescindere quindi da un apposito ruling, fatte salve ovviamente le ipotesi di incertezza normativa, da risolvere con apposito interpello (si pensi, al transfer pricing, al credito di imposta R&S, innovazione e design, al credito di imposta per gli investimenti in beni nuovi strumentali, al Superbonus 110%, e, da ultimo, alla stessa maggiorazione del 110% dei costi R&S di recente introduzione).

Dunque, per coerenza e logica, lo stesso approccio di semplificazione e di “automatismo” deve valere a fortiori per la residua “coda” del vecchio patent box; ciò che adesso pare trovare definitiva conferma nel provvedimento del direttore dell’Agenzia di recente emanazione, sulla scia tracciata dall’art. 6 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000); invero, in tale disposizione, rubricata alla «conoscenza degli atti e semplificazione», con valenza di principio generale dell’ordinamento tributario ai sensi dell’articolo 1 della stessa legge, si prevede esplicitamente che «l’amministrazione finanziaria assicura che il contribuente possa ottemperare agli obblighi tributari con il minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e più agevoli».

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