Il credito d’imposta R&S si applica anche su conoscenze esistenti innovative per l’impresa
Ai fini della corretta fruizione del credito ricerca e sviluppo, l’innovazione relativa all’investimento può consistere anche nell’adozione di conoscenze e capacità esistenti che comunque apportano una novità per l’impresa.
Non deve necessariamente trattarsi della creazione di nuove conoscenze nel settore di appartenenza.
In ogni caso il credito inesistente è quello fittizio, creato ad arte.
A fornire questi importanti principi è la Commissione tributaria provinciale di Aosta con la sentenza n. 46 depositata l’8 novembre 2021 (presidente Longarini e relatore Surini).
La pronuncia, che per certi versi ha anticipato alcuni concetti espressi successivamente dalla Suprema corte in tema di crediti inesistenti, rappresenta, per quanto noto, uno dei primi interventi dei giudici di merito sui requisiti dell’innovazione per la fruizione del credito ricerca e sviluppo.
La vicenda concerne, in sintesi, una casistica nota e frequentemente contestata da tutti gli uffici: viene ritenuto inesistente il credito ricerca e sviluppo non per comportamenti fraudolenti o supportati da falsi documenti ma perché secondo l’Ufficio la ricerca svolta non è nuova e innovativa in assoluto, rispetto cioè al settore di appartenenza.
Da notare che negli ultimi mesi vi erano stati interventi di altre commissioni tributarie (Vicenza e Ancona) che avevano censurato questi recuperi per la mancanza di un parere tecnico del Mise.
In sostanza tali commissioni avevano rilevato che un accertamento così tecnico sulla portata innovativa dell’investimento richiedesse (come peraltro suggerito anche da vari documenti di prassi) un parere tecnico del Mise.
Nella vicenda esaminata dalla Ctp di Aosta, i giudici, invece, vanno oltre tale circostanza, peraltro anche evidenziata.
In sintesi, viene rilevato che, dal tenore della norma, l’innovazione per l’impresa deve derivare dall’adozione di conoscenza e capacità esistenti che comunque apportino una novità per la medesima.
A tal proposito viene anche citato un esempio tratto dal Manuale di Oslo, unico manuale contemplato dal Mise (circolare 46856/2009), a riprova che non fosse richiesta una novità assoluta.
È il caso di un importatore o grossista di frutta che se aggiunge una nuova varietà di frutta da vendere ai dettaglianti non è impegnato nell’innovazione a meno che l’estensione non richieda un cambiamento significativo dei processi aziendali, come lo sviluppo di una nuova catena di approvvigionamento o l’acquisto di nuove attrezzature di refrigerazione.
È evidente che non si tratta di una novità assoluta.
La sentenza, infine, evidenzia che soltanto nel 2019 l’Erario ha ristretto i parametri della concessione del credito applicando il Manuale di Frascati che, nell’ambito di un processo di innovazione non considera tecniche o conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico e tecnologico.