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Startup, obbligatoria la costituzione davanti al notaio

Le startup non si potranno più costituire online. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Consiglio nazionale del Notariato contro il decreto del Mise che regolava la nuova modalità di istituzione delle imprese innovative. Il provvedimento del 2016 varato dallo Sviluppo economico stabiliva infatti che “l’atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, sono redatti in modalità esclusivamente informatica e portano l’impronta digitale di ciascuno dei sottoscrittori apposta a norma dell’art. 24 del Cad”.

La sentenza della massima Giustizia amministrativa stabilisce che, da oggi e fino a nuovo intervento legislativo, le startup italiane non potranno più costituirsi gratuitamente online e dovranno sottostare ai precedenti adempimenti burocaratici previsti per la altre imprese.

Il Consiglio di Stato ribalta dunque la sentenza del Tar del Lazio che aveva respinto le ragioni dei notai e accolto quelle del Mise e dell’associazione Roma Startup.

Secondo il Consiglio di Stato “il potere esercitato dal Ministero attraverso il decreto impugnato non poteva avere alcuna portata innovativa dell’ordinamento, ovvero, nello specifico, non poteva incidere sulla tipologia degli atti necessari per la costituzione delle start up innovative, così come previsti dalla norma primaria.

In questo senso la sentenza ricorda che in base all’art. 11 della Direttiva 2009/101/CE “in tutti gli Stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l’atto costitutivo e lo statuto della società e le loro modifiche devono rivestire la forma di atto pubblico”.

E’ evidente che, in base alla disposizione comunitaria – per il Consiglio di Stato – l’atto costitutivo e lo statuto delle società e le loro modifiche possono non rivestire la forma dell’atto pubblico se la legislazione prevede, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario.

Altro punto saliente riguarda il ruolo del Registro delle Imprese: il Consiglio di Stato ha stabilito che  il decreto del Mise abbia illegittimamente ampliato l’ambito dei controlli dell’Ufficio del Registro dell’imprese, “senza un’adeguata copertura legislativa che autorizzasse tale innovazione (circa il rapporto tra l’atto impugnato e la legge che ne ha previsto l’emanazione valgono le considerazione già espresse a proposito del primo motivo di appello); di conseguenza, alla luce della natura del controllo effettuato dall’Ufficio del Registro nel nostro ordinamento, così come innanzi delineato, non appaiono infondati i dubbi dell’appellante circa la possibilità di ovviare alla modalità tradizionali di costituzione delle società, pena il concreto rischio di porsi in contrasto con la Direttiva citata”.

 

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