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Reati tributari, i modelli 231 partono dagli illeciti collegati

La revisione deve tener conto anche degli indici Uif delle società cartiere

L’ultima novità nel settore della responsabilità degli enti è stata l’estensione ai reati tributari e doganali in occasione del recepimento della direttiva Pif (protezione interessi finanziari) prima con la legge 157/19 e poi con il Dlgs 75/20.

Si tratta di interventi attesi, pensando ai moniti lanciati dalla giurisprudenza diretta a sperimentare forme anomale di sequestro e confisca di denaro senza nesso di pertinenzialità o a sovrapporre il profitto del delitto tributario, talvolta esteso a sanzioni e interessi, con quello di altri reati contestabili all’ente (da quello associativo a quello di (auto)riciclaggio).

Nel contempo, le modifiche introdotte sembrano destinate a produrre effetti incisivi nella prassi.

In primo luogo perché, trattandosi di reati propri commessi da soggetto apicale, l’onere della prova liberatoria ricadrà sull’ente.

In secondo luogo perché, mentre la delega costituisce un presupposto del modello organizzativo (articolo 6, comma 2, Dlgs 231/01) a essa si è sinora tendenzialmente negata ogni efficacia quanto agli obblighi tributari.

In terzo luogo perché sia le attività a rischio “diretto” (dichiarazione; fatturazione; contabilizzazione; pagamento) sia quelle a rischio “indiretto” (incassi e pagamenti; acquisti o vendita di beni e servizi; gestione del personale, dei cespiti, dei flussi di magazzino, dei rimborsi spese o degli oneri di rappresentanza; formazione del bilancio; operazioni societarie o infragruppo) risultano connotate da dolo di evasione e presuppongono la spendita del nome della società ovvero sono comunque svolte nel suo interesse o vantaggio (illeciti risparmi d’imposta). Stante il principio di autonomia dell’articolo 8 del Dlgs 231/01, neppure il pagamento del debito tributario a seguito di procedure conciliative e di adesione all’accertamento esclude poi la responsabilità dell’ente, come avviene per il legale rappresentante in base all’articolo 13 Dlgs 74/00, in quanto comporta solo l’esclusione delle sanzioni interdittive e una riduzione di quelle pecuniarie.

La contestazione dell’illecito amministrativo risulterà esposta ai margini di incertezza che caratterizzano talune incriminazioni (si pensi al concetto di inesistenza delle operazioni o alla rilevanza del transfer pricing) acuiti, quanto alle maxi frodi Iva trasfrontaliere, dalla previsione della punibilità del tentativo per assurdo riferibile anche alla mera detenzione di fattura falsa e, quanto ai reati doganali, da un rinvio mobile al Dpr 43/73 in contrasto col vincolo di legalità imposto dall’articolo 2 Dlgs 231/01.

Due i punti di partenza per l’aggiornamento dei modelli: i protocolli di comportamento già previsti per reati collegati (corruzione, reato transnazionale, false comunicazioni sociali, truffa a danno pubblico o indebite erogazioni a danno dello Stato, delitti associativi, riciclaggio/reimpiego/autoriciclaggio) e il tax control framework introdotto col Dlgs 128/15. Nonché, da ultimo, gli indici identificativi delle società cartiere – imprese che emettono fatture per operazioni inesistenti – elaborati dall’Uif nei quaderni antiriciclaggio (n. 15 dicembre 2020).

Il richiamo è a un approccio integrato e a una compliance a struttura variabile in cui a standard comuni di prevenzione (in tema di segregazione delle funzioni, selezione e qualifica di fornitori, tracciabilità e collegialità dei processi decisionali) devono aggiungersi presidi ad hoc: dal sistematico coordinamento degli organi di controllo (organismo di vigilanza, collegio sindacale e società di revisione) o dall’istituzione di canali per l’inoltro di segnalazioni a consulenti fiscali eventualmente incaricati, alla formalizzazione di organigrammi e calendari fiscali, all’archiviazione telematica della documentazione contabile, alla previsione di un’attestazione da parte dei responsabili sulla veridicità, completezza e coerenza di dati rilevanti per le dichiarazione nonché all’implementazione di misure correttive post factum (ravvedimento operoso, sospensione o revoca di poteri).

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