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Trust e imposizione indiretta dei trasferimenti immobiliari

Tassazione dell’atto istitutivo del trust

Corte di Cassazione, civ., sez. trib, sentenza del 07 giugno 2019, n. 15455

Il trust è un istituto di origine anglosassone, approdato, dopo un iniziale sviluppo nei Paesi di Common law, anche nei Paesi di Civil law.
Dal punto di vista della struttura soggettiva, l’istituto si caratterizza per la presenza di un soggetto disponente (settlor), che trasferisce un proprio diritto ad una persona di fiducia (trustee), la quale esercita il diritto sulla base dello statuto del trust (deed of trust) e delle istruzioni ricevute dal settlor (letters of wishes) e con l’obbligo di ritrasferire il diritto, entro un periodo di tempo prefissato, ad un terzo beneficiario (beneficiary).
Il trust prevede, di norma, due momenti: il primo è quello istitutivo del trust da parte del settlor; il secondo è quello in cui il medesimo settlor trasferisce uno o più beni al trustee.
I Supremi Giudici di legittimità hanno chiarito che il trust «non è un ente dotato di personalità giuridica ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato, nell’interesse di uno o più beneficiari, e formalmente intestati al “trustee”, il quale, pertanto, disponendo in via esclusiva dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato, è l’unico soggetto legittimato a farli valere nei rapporti con i terzi» (Cass. civ., Sez. I, 22 dicembre 2015, n. 25800).
L’effetto ‘tipico’ del trust «non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito» (Cass. civ., Sez. III, 27 gennaio 2017, n. 2043).
La riconducibilità alla costituzione del trust di un effetto propriamente segregativo è stata affermata anche dall’Agenzia delle Entrate, la quale ha rimarcato che il trust rientra nella categoria dei vincoli di destinazione e precisato che esso «si differenzia dagli altri vincoli di destinazione, in quanto comporta la segregazione dei beni sia rispetto al patrimonio personale del disponente (settlor), sia rispetto a quello dell’intestatario di tali beni (trustee). […] In sostanza, i beni del trust costituiscono un patrimonio con una specifica autonomia giuridica rispetto a quello del disponente e del trustee. Ciò che palesa una caratteristica tipica del trust, non comune alle altre ipotesi di costituzione di vincoli di destinazione» (cfr. circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008).
Quanto al profilo disciplinatorio, a livello ordinamentale nazionale non è rinvenibile, con riferimento all’istituto del trust, alcuna specifica disciplina civilistica.
L’unica normativa esistente è costituita dalla legge 16 ottobre 1989, n. 364, tramite la quale il trust è stato oggetto di riconoscimento normativo mediante la ratifica e l’esecuzione della Convenzione adottata a L’Aja il 1° luglio 1985 sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento.
La Convenzione de L’Aia, a sua volta, non contiene una disciplina puntuale, né definisce concettualmente l’istituto, ma si limita ad individuarne le caratteristiche strutturali salienti e a stabilire un criterio di riferimento per determinare la legge regolatrice.
In particolare, elementi essenziali del trust sono la distinzione dei beni del trust dal patrimonio del trustee, l’intestazione degli stessi al trustee, nonché l’essere il trustee investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al medesimo trustee (cfr. articolo 2, comma 2).
I diritti e le facoltà che il settlor può riservare a sé stesso devono essere tali da non precludere al trustee il pieno esercizio del potere di controllo sui beni. Tale precisazione è confermata dal terzo comma dell’articolo 2 della Convenzione, ai sensi del quale «il fatto che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà … non è necessariamente incompatibile con l’esistenza del trust».
Per quanto attiene alla fiscalità del trust i ‘momenti’ potenzialmente rilevanti al fine dell’imposizione sono stati individuati nei seguenti:
(i) atto istitutivo (ovvero l’atto mediante il quale il disponente esprime la volontà di costituire un trust);
(ii) atto dispositivo (detto anche ‘atto di dotazione’);
(iii) operazioni eventualmente poste in essere nel corso della vita del trust;
(iv) trasferimento dei beni in trust ai beneficiari da parte del trustee (cfr. circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 48/E del 6 agosto 2007).
Circoscrivendo l’attenzione all’atto dispositivo, foriera di incertezze in sede applicativa si è rivelata essere la questione del regime impositivo cui assoggettare la costituzione del vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. I trasferimenti immobiliari sono ordinariamente assoggettati ai tributi indiretti ovvero alle c.d. ‘imposte d’atto’ (id est, imposte di registro, ipotecarie e catastali).
Quanto alle modalità di applicazione delle imposte ipotecarie e catastali, in assenza di specifiche disposizioni normative, il referente normativo è costituito dal decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, recante “Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale“, il quale ha individuato il presupposto dell’imposta ipotecaria nelle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione eseguite nei pubblici registri immobiliari (cfr. articolo 1) e il presupposto dell’imposta catastale nelle volture catastali (cfr. articolo 2).
La ‘fisiologica’ tendenza dell’Amministrazione finanziaria ad applicare le imposte ipo-catastali in misura proporzionale ha generato – e continua a generare – un contenzioso con riferimento al quale si registrano, a livello di giurisprudenza delle Commissioni Tributarie, orientamenti non sempre tra loro conformi.
I Giudici di legittimità si sono, invece, assestati su posizioni univocamente tese ad escludere l’imposizione in misura proporzionale a favore di quella in misura fissa.
L’ultima decisione, in ordine di tempo, è stata resa con la sentenza n. 15455 pubblicata in data 7 giugno 2019, mediante la quale la Quinta Sezione Civile della Corte di cassazione – chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dal trustee di un trust istituito a beneficio dei discendenti del soggetto disponente per la cassazione della sentenza resa dalla Commissione Tributaria Regionale a definizione di un contenzioso vertente sulla legittimità dell’avviso di rettifica e liquidazione delle imposte ipotecaria e catastale pretese dall’Agenzia delle Entrate in misura proporzionale anziché fissa per la trascrizione e la voltura degli atti di conferimento di beni immobili in trust – ha ritenuto il ricorso fondato alla luce dei principi già affermati dalla medesima Corte di cassazione: «”è illogico” affermare applicabili le imposte proporzionali, dovute per la trascrizione e la voltura di atti che importano trasferimento di proprietà di beni immobili, già al momento del conferimento dei beni in trust, perché a tale momento è correlabile un trasferimento (al trustee) solo limitato (stante l’obbligo di destinazione che comprime il diritto di godimento del medesimo trustee rispetto a quello di un pieno proprietario) e solo temporaneo mentre il trasferimento definito di ricchezza – che rileva quale indice di capacità contributiva in relazione al cui manifestarsi sono pretendibili le imposte proporzionali – si verifica solo al momento del trasferimento finale ai beneficiari».
In sede decisoria i Giudici di legittimità hanno fatto leva sugli assunti di base ormai univocamente stigmatizzati nelle diverse pronunce che si sono susseguite nel corso del tempo: l’effetto dell’istituzione del trust è esclusivamente quello segregativo; il trasferimento del diritto di proprietà dei beni immobili a favore del trustee non determina, a causa del vincolo di destinazione impresso e collegato alla specifica finalità dell’operazione, alcun definitivo arricchimento della sfera patrimoniale del trustee, che possa valere quale manifestazione di capacità contributiva imputabile al medesimo trustee.
In altri termini, l’acquisto da parte del trustee «costituisce solo un mezzo funzionale alla realizzazione dell’effetto finale successivo, che si determina nell’attribuzione definitiva del bene al beneficiario» con la conseguenza che «l’atto costitutivo di un trust … non [è] in grado di esprimere la capacità contributiva del trustee» e «solo l’attribuzione al beneficiario può considerarsi, nel trust, il fatto suscettibile di manifestare il presupposto dell’imposta sul trasferimento di ricchezza» (Cass. civ., Sez. V, 18 dicembre 2015, n. 25478).
In pratica, «il trustee non è proprietario bensì amministratore» dei beni eventualmente conferiti in trust (Cass. civ., Sez. V, 26 ottobre 2016, n. 21614), mentre «il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta» (Cass. civ., Sez. V, 17 gennaio 2019, n. 1131).
Sulla base di tali assunti, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che il presupposto impositivo si realizzi alla scadenza dell’atto di trust, ovvero nel momento in cui il trustee avrà realizzato il programma e i beni immobili saranno trasferiti ai beneficiari indicati nell’atto istitutivo: «Il trasferimento del bene dal “settlor” al “trustee” avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del “trust”: detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale» (Cass. civ., Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 975).
I Supremi Giudici di legittimità, ‘animati’ dall’evidente intento di pervenire ad una piena comprensione dell’istituto del trust, al relativo inquadramento dogmatico, nonché all’individuazione del regime fiscale applicabile nel rispetto dei principi costituzionali e dei criteri informatori delle vigenti imposte sui trasferimenti immobiliari, ritengono, in estrema sintesi, che la devoluzione dei beni in trust non realizzi il presupposto contributivo necessario al fine dell’applicazione delle imposte indirette in misura proporzionale essendo l’atto di dotazione del trust privo di contenuto patrimoniale: la segregazione, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta alcun reale trasferimento o arricchimento della sfera patrimoniale del trustee con conseguente esclusione dell’imputabilità al medesimo trustee di un fatto manifestativo di capacità contributiva effettiva, come tale assoggettabile alle imposte ipo-catastali in misura proporzionale; il presupposto contributivo si manifesta solo all’atto del trasferimento finale dei beni immobili dal trustee al beneficiario finale indicato, poiché è esclusivamente tale atto a comportare un effettivo trasferimento e relativo arricchimento di detto beneficiario.

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